Granadina

30 Settembre 2011 3 di Caterina

Dal diario di bordo di Aña y Eva Laerticos.
Primo giorno.
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Sono partita un’ennesima volta, perché per stare ferma ci sarà tempo.
Sono partita un’ennesima volta, perché viaggiare è tutto. E’ imparare, è assaporare, è amare.

Sono partita un’ennesima volta e mi sono chiesta perché, nei giorni precedenti un viaggio, io visito sempre due luoghi:
la libreria e la farmacia.
Uno vorrei mantenerlo, ho bisogno della compagnia di un romanzo, di una guida. Ma l’altro? Possibile che abbia sempre 10.000 acciacchi? La verità è che so’ ‘na vecchia. Intellettuale, ma vecchia.

Volevo andare a risparmio. Poi Granada mi ha mostrato che c’è una ‘ruta de tapas’.
Volevo andare a risparmio. Esattamente di fronte al mio hotel c’è un megagalattico Cortes Inglès.
Dio, dillo che ti diverti. Vuoi smetterla di prendermi in giro e fare la divinità seria?

Ormai li conosco, appartengo a loro da sempre, li amo: sono i mediterranei. Siamo i mediterranei. Il popolo dei crauti e patate lesse, formaggi molli e wurstel, ci guarda cosciente del proprio benessere economico e dell’alta qualità della vita. Noi sputtaniamo le Borse, mandiamo in crisi Paesi, disoccupiamo giovani e vecchi, ma in qualche modo, restiamo in piedi, ci arraffazzoniamo, ci diamo una scrollatina di spalle e ricominciamo a camminare.
C’è un punto, poi, che ci accomuna, a noi mediterranei: stamo sempre a magnà.
In qualsiasi luogo, a qualsiasi ora. E per qualsiasi motivo.

Mi piace la lentezza di certa gente. Non posso che invidiarla. Ma non c’è niente da fare: non mi appartiene. Io sono frenetica. Faccio 10 cose insieme (tendenzialmente, male). Vedere costoro rifiutarsi di portarmi il conto perché sto ancora bevendo il caffè è uno choc per me. Ed è squisitamente splendido, però.

Passeggiando in questo autunno andaluso, mi accorgo che esiste nel pianeta un essere apolide, una creatura familiare, che appartiene a tutti i luoghi, che riconosciamo tutti, che è cosmopolita e finanche no logo. E, soprattutto, che mi sta sul cazzo:
il piccione.
Lo odio. E’ ovunque, l’infame. Lui, e le sue temibili cacche.

Oggi, davanti alle tombe di Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, rubavo le parole spagnole della guida di un gruppo di iberici. Avrei voluto dire che i re cattolicissimi li ho studiati, avrei voluto raccontare qualche gossip cinquecentesco sulla loro figlia Giovanna la Pazza, avrei voluto aggiungere che sì, anche secondo me il buon Cristoforo Colombo (anni prima della maglietta di Madonna ‘Italians do it better’) alla regina Isabella una bella trombata gliel’ha concessa. Anzi 3, una per caravella con cui è stato ripagato.
Poi, mentre andavo con la mente ad un’Anna Eva di una decina d’anni fa (e quante ne sapeva, perché ha dimenticato così tanto?), ho sentito la guida dire ai suoi compatrioti che Isabella aveva riunificato il Paese. Per loro, era come Garibaldi per l’Italia.
In quel momento, quando ho capito che per fare un esempio a degli Spagnoli sulla loro storia, una guida sceglieva l’eroe del Risorgimento, sappiatelo, un po’ ho sorriso d’orgoglio.

E di questi tempi, essere orgogliosa d’un pezzetto d’Italia all’estero, specie di un leader politico, beh, ditemi voi se è poco.

 

Anna Eva Laertici