Gramigna

Gramigna

1 Dicembre 2023 0 di Caterina

Mi pareva d’averla notata quando da bimba sapevo che mi erano precluse delle professioni, che però a mio fratello no, cioè, avrebbe potuto aspirare a farle, poi vabbè, non interessavano né a me, che volevo essere una Charlie’s Angel, né a lui, che smontava i miei sogni dicendo che le Charlie’s Angels in realtà non esistevano, e quindi non ci ho più pensato.

In effetti, avevo intravisto qualcosa anche nei famosi tre giorni, che poi erano due (mah?), che i miei compagni di classe avevano a 18 anni: serviva per verificare la loro attitudine alla vita militare. Ci andavano solo i maschi, noi non servivamo allo Stato, però tra i ragazzi che frequentavo non ci voleva andare nessuno e anche io volevo avere l’occasione di lagnarmi di questa scelta del mio Paese e che evidentemente era legata alla biologia: a noi, le nostre gonadi ci avevano dato le mestruazioni a 13 anni, a loro, dopo 5 anni, ‘sta visita medica. La loro rogna durava poi un anno, la nostra una quarantina.

Il seme s’era annidiato in ogni frase che sentivo stupita, giubilante e complimentosa verso mio fratello quando apparecchiava come me, cucinava non come ma per me, appena tornavo da scuola, e che faceva la spesa come me (e come me la faceva per fare la cresta ai soldi lasciati all’uopo da nostro padre: anni e anni di Dylan Dog finanziati così, grazie papà!).

E’ germogliata, poi, nella battuta triviale davanti alla macchinetta del caffè, detta da uomini e da donne, non importa da chi, insomma, ma comunque proferita e risuonata senza obiezioni, nemmeno la mia; la gemma, il bocciolo erano anche nel lungo sguardo adagiato sul sedere della mia dolce collega, o nel farmi notare che boh, non ero forse un po’ troppo scollata, per stare in un posto così formale, così ufficiale?

Si è radicata, quando ho scoperto un mondo in cui figli e figlie sono invece educati in maniera diversa, lei deve imparare a spolverare e cucinare, lui deve pretendere d’essere riverito a qualsiasi età; quando ho conosciuto ragazze che uscivano solo in compagnia di un parente maschio, in Italia, secondo millennio dopo Cristo, l’Europa è lontana e ci deride; quando ho saputo che ci sono padri che non cambiano pannolini, che non accompagnano dal pediatra i figli, non sanno i nomi dei compagni di classe, non comprano i regali per le feste degli amichetti, che – giuro, esistono – dormono in un’altra casa, quando è nato il loro neonato, perché oh, lavorano, e dovranno pur riposarsi.

S’è un po’ appassito, invece, il ramo per cui il calcio non era adatto, e il karate nemmeno: bimbe che correte ora sui campi verdi e saltate sui tatami, avanti, prendete le cesoie, il seghetto, un’ascia.

E’ fiorita nelle coetanee che non guidano, non sono autonome nello spostarsi, aspettano il lui che le porti sul cavallo bianco, e in effetti siamo cresciute nell’attesa dei principi azzurri, speriamo il mio sia bellissimo, lo vorrei biondo e con i capelli vaporosi, però non mi vorrà, sono coatta e sgaso e svicolo con lo scooter, impenno con la bici, sparo la musica a palla mentre mi annoio nel traffico con l’auto.

E’ così alta che non si riescono a vedere gli ultimi rami, il brillìo dei raggi solari accarezza ormai quei luoghi comuni con cui sono stata costretta a crescere. Uno dei miei preferiti è quello apparentemente più innocuo, “il giorno più bello della vita di una donna” per indicare il matrimonio, il suo congiungersi con il maschio: c’ho pensato ed ero così contenta al Colosseo per la vittoria della Conference League e mi sono sentita in colpa, m’era parsa un gran bella serata.

Profumava e colorava d’intorno le strade il conto in banca che solo una donna su tre ha in Italia intestato a se stessa, dove non c’è indipendenza economica come si può scappare da chi ti fa male, ma forse ce l’hanno condiviso con i compagni, mariti, fidanzati, non serve per forza averlo da sola, ma sì, vedrai che il maschio sarà magnanimo e ti farà comprare un paio di scarpe in più, senza battere ciglia e sorridendo, ogni giorno si legge sui giornali di tanti che accettano serenamente la nostra libertà, intanto, aggiungo che a me piacciono gli unicorni rosa.

Il baobab del Piccolo Principe è forte nell’incapacità di molti di declinare i termini al femminile, di ritenere più autorevole la professione al maschile, ma solo quella di avvocato e di sindaco, perché bidella, che nemmeno si dice più, e casalinga ci vengono meglio se pensate su donne, che strano. Poi ci sono quelli che addirittura le irridono, ovvero irridono il proprio idioma, non sanno che è essere vivente, che muta, include, avessero aperto un libro, ma nulla, non riescono.

Mi sa che pesano troppo i libri.
Ma sollevare pesi non era cosa da uomini?


Caterina


[foto scattata dall’autrice, cielo terso del centro di Roma in un sabato di Novembre 2023]

[l’immagine non trasmette il vento gelido e quel suono in lontananza, ma forse, accostando l’orecchio, qualcuno potrà sentire tante voci cantare… insieme siam partite, insieme torneremo, non una, non una, non una di meno]