Andiamo a mangiare una pizza insieme?
Alla già malconcia vita sociale delle famiglie, piegata da fattori come “chissà se staremo tutti bene, quel giorno per cui abbiamo prenotato” e “porca miseria, siamo in 4, uscire ci costa carissimo”, si aggiungono delle ulteriori condizioni ostative che rendono praticamente impossibile le frequentazioni con altri:
Situazione 1.
Ai genitori piace tantissimo un’altra coppia di genitori: sono fichissimi e fanno cose fichissime, si comportano con i figli più o meno come loro, condividono lo stesso schema valoriale con cui anche tu vuoi educare la prole; e hai addirittura la fortuna che i figli vanno in classe insieme. Peccato che non si sopportino. Tua figlia boicotta la compagnia di quella famiglia, perché non ha simpatia per il figlio di coloro. Tu ti disperi, e con elegante rassegnazione ti attacchi al tram.
Situazione 2.
L’esatto opposto.
La tua prole ama perdutamente la prole di una coppia che non ti è antipatica, ma con cui non senti un’affinità particolare. Uscite tutti insieme e vi ritrovate immersi in grandi silenzi. Pochi argomenti in comune e una visione del mondo leggermente differente si tramutano in imbarazzi rotti solo dalle fragorose risate di figli affiatatissimi.
Situazione 3.
Persone che frequentavi con assiduità, ma non avevi mai conosciuto in versione “con figli”, e ti piacevano moltissimo, ora li vedi anche in ambito intimo-familiare: e scopri che hanno una concezione della genitorialità diametralmente opposta alla tua. Improvvisamente, si squarcia un mondo. Tu lasci che tuo figlio si sbucci le ginocchia, loro accorrono ululando appena l’erede pensa di poter fare qualcosa di avventuroso; tu ritieni che le scuole pubbliche siano una fortuna del nostro Paese, loro “eh, ma al privato sono più tutelati/protetti/seguiti”; etc. Da linee convergenti si diviene rette parallele: anche qui, l’imbarazzo entra nella quotidianità e copre tutti gli ambiti in cui ora non si parla più la stessa lingua.
Situazione 4.
Un po’ simile a quella precedente: persone che hai sempre frequentato con assiduità e con cui ti ostini a voler uscire, che però vivono. Ovvero, amici che non hanno figli.
E tu vuoi fare il possibile per vederli lo stesso, un po’ perché vuoi loro molto bene, un po’ perché vuoi bene anche a te stessa e continui teneramente a pensare di poter uscire con amici e avere il modo/tempo/energie per fare delle conversazioni normali con loro, senza interruzioni mi-scappa-la-pipì, mamma-hai-visto-quel-bambino-mi-ha-fatto-la-linguaccia, ho-fame-no-non-ho-fame-sì-anzi-ho-fame, uffa-mi-sto-annoiando. A fine serata, ogni volta, la cruda realtà ti si butta in faccia: no, non si può fare; basta organizzare queste uscite, lasciamo gli amici sonsless respirare in pace. In primis, perché tu hai degli orari da Svizzero puntiglioso e loro da studente universitario ubriaco e già trovare un compromesso sulla serata è difficile. Poi, perché non sei tipa da “io ho i figli, se tu che ti devi adattare” perché sinceramente far passare la tua prole come ostacolo cacacazzi per qualsiasi scelta inerente l’uscita ti dispiace molto. Dall’altro lato, ricevi tutta la comprensione e la disponibilità del mondo, perché per fortuna c’è chi ti vuol bene, ma capisci a quale compromesso gli amici siano dovuti scendere e i sensi di colpa per questo ti attanagliano e ti fanno star male… fino all’organizzazione dell’uscita successiva.
Situazione 5.
I genitori sono carini e affabili – persino brave persone, va – e cercano di stringere rapporti di amicizia con altra gente, prolemunita o meno, ma hanno come figlia er Cavaliere Nero, che guarda tutti in cagnesco e non si fa fare mezzo sorriso e mezza coccola manco sotto tortura. Questa sottospecie di Cerbero misantropo fa collezionare a quei due poverini delle figuracce indegne e rende la frequentazione con altri esseri umani alquanto difficile.
Insomma, tutto ciò per dire che anche stasera stiamo a casa.
Caterina
[foto dell’autrice, scattata a Napoli nel febbraio del 2012]