Il kairos è in ascensore

Il kairos è in ascensore

17 Luglio 2013 0 di Caterina

<<Ciao, come stai?>>

<<Sono in ascensore.>>

<<Mmmmh… quella era la risposta a dove, non a come stai. Ma vabbè, in ogni caso, che ci fa in ascensore una come te, la più grande claustrofoba del mondo? Hai gli attacchi di panico pure a piazza di Spagna!>>

<<Certo, mi mette l’ansia la scalinata di Trinità de Monti. No, a parte gli scherzi, non sono fisicamente in ascensore. Sono in un mio personalissimo “periodo-ascensore”. Un periodo, appunto, in cui mi sento in trappola. Senza aria. Senza possibilità di respirare.>>

<<Che succede?>>

<<Sono costretta, stretta, ristretta. Legata. Devo rispettare orari che non mi appartengono; incastrata in cerimonie vere e finte e cerimoniali veri e finti in cui non sono a mio agio; mi pressano le aspettative che vicini e lontani riversano su di me; terze persone definiscono persino le priorità della mia quotidianità, e finanche gli hobby che devo fare e i tempi e i modi per farli; sono in ritardo su tutto, vivo rincorrendo, inseguendo, perdendo terreno; sono l’unico individuo al mondo che ha sposato il proprio lavoro, l’Azienda e non si può licenziare…>>

<<E no, almeno questa non te la faccio passare: in questo periodo siamo in tanti a non poter allontanarci dal nostro lavoro. Ce n’è poco, ringraziamo finché ci dà la possibilità di mantenerci…>>

<<Ecco, brava! Anche i soldi! Sono in ascensore pure su questo! Altro limite alla mia libertà: nell’ultimo mese ho speso 500 euro per curarmi, sì, perché anche il mio fisico sta cedendo e non mi permette più troppe cose, è un limite anche quello; ed è un limite la mia età, che mi costringe a scegliere cosa si può e cosa non si può più; è un limite il mio metabolismo che mi fa vivere a dieta, circondata da strafottuti magri come te.>>

<<Seeee, pure! Abbiamo tutti il nostro “periodo-ascensore”, gli attacchi di panico, le frustrazioni. Il tuo “ascensore” io lo chiamo tra me e me “la ricerca del kairos”.>>

<<Magra, e ha studiato al Classico. Ti odio.>>

<<Sì, orgogliosamente umanista, è vero, ma il kairos l’ho incontrato in un viaggio in Croazia, a Trogir, un gioiellino medievale sul mare pieno di viuzze strette strette. Su un parete vidi un bassorilievo di un fanciullo, è il kairos, ha i capelli al vento, per i Greci non era solo l’attimo che fugge, era la buona occasione da cogliere al volo, immediatamente. Afferrarlo per quei capelli lunghi, è il tempo di Dio, il tempo adatto per fare, agire, vivere.>>

<<E se lo perdi, che succede?>>

<<Succede che mi ritrovo nel periodo di difficoltà che anche io sto vivendo. Seduta a contare gli attimi che inesorabilmente ho lasciato scivolare via, i sogni che non ho realizzato e per cui è addirittura troppo tardi, le disillusioni che ardono sulla mia pelle come ustioni ulcerose. Sono in una mattina piena di sogni svaniti, e davanti ho una giornata che non mi piace da cominciare.>>

<<Improvvisamente sto iniziando a rivalutare il mio ascensore.>>

<<Forse è quello il segreto. Non devi pensare a come poter uscire dall’ascensore, devi iniziare a conviverci. Tu sei nell’ascensore, ok, prova a ricrearti lì dentro un tuo mondo che possa farti sentire bene, anche se c’è poca aria.>>

<<E poca libertà.>>

<<E poca libertà. Però anche in pochi metri, si possono ricevere regali inaspettati e disinteressati, si può sentire la propria energia salire, si può immaginare un mondo migliore. Pensaci. Pensa a come resistere in ascensore.>>

<<Pensa anche tu. Al tuo kairos. Se è vero che ha la forma di un bel fanciullo, se non riesci ad afferrarlo, corre avanti, ti sfugge, beh, ti resta sempre la possibilità di guardarlo da dietro. Magari c’ha un bel culo.>>


Caterina
(già Anna Eva Laertici)