A tre voci

A tre voci

17 Novembre 2023 0 di Caterina

“Pensavo che nel cassetto della cucina quel quaderno non l’avrebbe trovato nessuno…”

“E anche se fosse, Valeria? Ti rendi conto che hai diritto ai tuoi spazi, a uno sfogo, a…”

“A cosa? Perdonami, ma tu vivi settant’anni dopo di me e ti sei levata quell’ora settimanale di tennis, di cui tanto ti vantavi, dicevi significasse per te la libertà. E vieni a dare lezioni a me, che pure tento di ritagliarmi quell’angolo, quell’ora serale di scrittura?”

“Bbone, nun litigate, armeno tra de noi provamo a parlà senza urlà. Nun serve la violenza, nun serve, credete a me.”

“Crediamo a chi? Delia, ti picchia. Stai con uno che ti massacra, io non lo so come finirà. Te lo dico in romano, visto che parliamo la stessa lingua: te ne devi annà. Come ti chiama l’americano, Dè, te ne devi annà.”

“Ma ‘ndo vado, Caterì? ‘Ndo vado… C’ho na fija, na famija, e poi senza de me pure lui nun ce sa sta.”

“Delia, anche io ho una figlia, lo sai, è Mirella, non la capisco, non segue le mie regole…”

“E fa bene, Valeria. Lasciala andare, sta cercando un orizzonte diverso dal tuo. Altrimenti si ritroveranno così, passano i decenni e siamo ancora soffocate.”

“Ma è così brutto er monno pure nell’artro millennio, Caterì? Nun se semo finarmente fatte valè, la gente ar tempo tuo ce rispetta, pure i maschi? Dimme, te prego: io me caccerei l’occhi pe Marcella mia.”

“Pensa, Delia, che finalmente per la prima volta a capo dell’Italia c’è una donna. E siccome si vergogna d’esserlo, si fa chiamare IL presidente.”

“La vergogna la capisco, certe cose non dovremmo farle, anche le ambizioni dovrebbero essere chiuse, nascoste, in un cassetto della cucina.”

“Valeria, che tenerezza che mi fa, invece, la tua vergogna nello scrivere. Anch’io ho un quaderno, è un po’ complicato da spiegarti, perché è una roba del futuro, lo chiamo blog, ma è il mio/tuo Quaderno Proibito. E non c’è vergogna nemmeno nell’ambizione, nel volersi prendere responsabilità e assumere decisioni. Se una donna ha ancora bisogno di ricorrere al maschile per legittimarsi è perché sulle nostre spalle ci sono millenni di polveroso maschilismo posati sopra.”

“…che nun se toje co ‘na spallata sola, immagino.”

“E immagini bene, De’. Le spalle ce le dobbiamo mettere tutte. E tutti, perché la rivoluzione va portata avanti con gli uomini che devono comprendere che i diritti delle donne sono i diritti di tutti.”

“Però, Caterina, perdonami, mi stai dicendo che vivi nel 2023, a Roma, come noi due. Eppure sei qui a dialogare con noi, a sentirci vicine, ma settant’anni sono settant’anni! Ne abbiamo viste di cose, noi, nei settant’anni precedenti l’epoca nostra… guerre mondiali, l’Italia che ha cambiato forma geografica e istituzionale. Mirella, come ti ho detto, e come hai letto nel romanzo che ti ha raccontato della mia famiglia, è già così diversa da me. Tu dovresti essere ancora ‘oltre’ lei. Insomma, perché, quando hai chiuso il viaggio con me e quello con Delia, hai pensato che c’era qualcosa delle nostre esistenze che ti parlava?”

“Quando ti ho letto, ho sentito la gabbia in cui sei costretta, Valeria. Ognuna di noi ne ha addosso una, dieci, cento. Lo vedo nei volti delle amiche, si insinua nelle rughe delle mie conoscenti, lo denuncia la stanchezza delle colleghe, lo leggo mentre sfioro spalla a spalla una sconosciuta. C’è un nostro quaderno proibito che la sera ci aspetta, o che avremmo voluto ci aspettasse e non possiamo perché gli impegni ci opprimono, o la società non lo ritiene conveniente od opportuno, oppure perché non ne abbiamo le possibilità economiche.

Quando mi sono immersa nella visione della vita di Delia, invece, ho sentito la responsabilità. Quella che abbiamo verso le figlie. Come fare a dare loro gli strumenti per una libertà, autonomia, indipendenza, senza spaventarle dipingendo questo mondo che è, purtroppo, ancora misogino e fallocratico? Io non lo so. Sono piena di dubbi e paure.

E’ tanto ormai che i tuoi timori, Valeria, il tuo esistere in punta di piedi per non disturbare mi ha fatto chiedere se la Caterina di oggi è evoluzione o tradimento della Caterina ventenne. Poi è arrivata Delia e con la sua sofferenza mi ha riportato in alto lo sguardo verso il futuro, il testimone che devo, che voglio passare.”

“Io nun c’ho capito morto, Caterì, scusame. Però me fa ride che te vesti co sti pantaloni americani… pari n’omo!”

“So’ jeans, Delia. E so’ comodi ‘na cifra. Te li consijo.”


Caterina

[foto che ritrae i pantaloni con cui l’autrice ha scritto questo post, Roma, novembre 2023]

[si ringraziano Alba De Céspedes e Paola Cortellesi, per le nottate che mi hanno fatto fare a pensare, ripensare, rimuginare, meditare, e ancora e ancora…]